Ecco a voi la seconda e ultima parte dell’intervista. Non è stato semplice tradurla pensando a Leonida e al suo ridottissimo costume e, contemporaneamente, vedendo Attila in tv.
Era un “duro” lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo…
Ma vi avverto: se entro stasera il mio corpo e la mia mente non reggono a questo martirio, sapete di chi è la colpa...
San Gerardo, è a causa tua che muoio, perciò adesso sono nelle tue mani… conducimi tu in paradiso…
Ecco, ora che ho avuto la mia dose di blasfemia quotidiana, posso lasciarvi al resto dell’intervista. Buon divertimento!
(seconda parte)Riguardo alla preparazione fisica per il ruolo di Re Leonida: “Ho iniziato ad allenarmi circa 4 mesi prima delle riprese, probabilmente anche di più. Ho iniziato a Los Angeles, dove c’era Mark Twight, l’allenatore per il film, così mi sono allenato con due ragazzi ogni giorno – per circa quattro ore. (Ride) Sì, diciamo che ho esagerato. Poi, oltre a tutto questo, dovevo anche andare nella valle di Los Angeles e fare due ore di lotta con la spada e persino di lavoro con lo scudo e la lancia, perché molti ragazzi sanno usare le spade, mentre invece imparare ad usare una lancia è tutta un’altra cosa. E per iniziare a lavorare su alcuni dei movimenti, facevo sei ore al giorno, ogni giorno.
Poi ho iniziato le lezioni di pronuncia e poi tornavo su in Canada dove facevo la stessa cosa. Mi è stato assegnato un altro allenatore e continuavo ad allenarmi anche con Mark e a farlo sul set mentre filmavamo e facevamo l’allenamento con i pesi prima delle riprese. Ho davvero, davvero consacrato la mia vita alla fisicità, perché secondo me è questo che rappresentavano gli spartani. Erano così devoti e dediti a quel genere di vita, quel genere di filosofia, quel genere di cultura – ed è ciò che io ho fatto.”
Riguardo allo scavare a fondo per entrare nel personaggio: Gerard Butler si immerge così tanto in ogni personaggio che interpreta? “Non so quanto a fondo io vada rispetto ad altre persone,” ha detto Butler. “So di andare molto a fondo e cerco di far venire fuori da me tutto ciò che posso, nella parte più profonda in cui posso arrivare o nella parte più profonda in cui riesco a comprendere le cose che non possiedo – se capisci cosa intendo.
Spesso mentre lo faccio, ho come la sensazione, quando interpreto questo tipo di personaggi, di percepire valori che appartengono ad un altro tempo, ma sento di poterli gestire. Cerco di andare più a fondo possibile senza quasi, in un certo senso, complicare troppo la situazione. Puoi andare troppo a fondo e la gente dirà ‘Ok, beh, non ho idea di quanto stia accadendo adesso.’ Perciò credo che sia necessario bilanciare tutti questi aspetti – la fisicità, l’attitudine mentale, le credenze e le filosofie.
E il motivo per dove stai andando e per il quale stai facendo ciò che stai facendo. Questo è un re che sta conducendo 300 dei suoi uomini a marciare verso la morte e verso ciò che questo significa per lui.”
Riguardo al fascino della storia di “300”: Più che lo stile visivo della graphic novel e, di conseguenza, del film, era la storia in sé raccontata in “300” che ha afferrato l’attenzione di Butler. “E’ questa la cosa meravigliosa. Visivamente appare così incredibile. E’ stupendo e, allo stesso tempo, la storia stessa è così incredibile. E quindi, avevo sempre la sensazione che avremmo avuto successo. Avevo visto una sorta di anteprima che avevano girato prima che le riprese iniziassero e la seconda volta che Zack me l’ha mostrata ero [sopraffatto]. E avevo letto la sceneggiatura che era decisamente incredibile. La storia stessa era poderosa e la sceneggiatura era scritta in un modo così interessante ed evocativo che sapevo di dover assolutamente esserne coinvolto. Credo che funzioni sotto ogni punto di vista. Così come i profondi messaggi che offre al pubblico anche alla fine. Penso che sia un film decisamente stimolante, coraggioso, folle e violento, brutale, artistico.”
Riguardo al fatto di portare la storia sullo schermo: “E’ una storia fenomenale. Quando la senti pensi ‘Possibile che sia accaduto davvero?’ E’ così intenso e folle pensare che così pochi abbiamo affrontato così tanti, e pensare a ciò che questo rappresentava. Difatti ciò che rappresentava in termini di… perché si dice che, credo un centinaio di anni dopo, la democrazia fu introdotta in Grecia. Se questa battaglia non avesse avuto luogo e il resto della Grecia si fosse quindi battuto contro i persiani, allora l’Occidente sarebbe stato un posto molto diverso. Credo che forse sia rilevante oggi per molte altre ragioni politiche in cui preferisco non addentrarmi per evitare di entrare nella lista nera di Hollywood. Penso che dipenda da una ragione diversa… Credo che sia per la ragione opposta che forse i produttori stiano dicendo ma (ride). In pochi hanno affrontato tanti – pensa solo a questo.”
Perché ci è voluto così tanto per raccontare questa storia: “Non so. Forse perché… beh, ce n’era una già fatta, “300 Spartani”. Era stata realizzata negli anni ’60; una sorta di stile epico di un film che avevo visto e che non mi piaceva particolarmente. Sono sorpreso io stesso perché si tratta di una storia così incredibile. Nel periodo in cui il nostro progetto era in fase di avvio, sembra che ce ne fosse un altro con la stessa storia che non è mai stato realizzato – perché il nostro era migliore ed era arrivato per primo.”
Riguardo alla ricerca di fonti da cui trarre materiale: Quanto ha tratto dalla graphic novel di Frank Miller, e l’ha esaminata attentamente nel corso delle riprese? “Certamente – l’ho osservata per tutto il tempo. A volte per cercare di ricordare a me stesso la fisicità di questo individuo, capisci? Cercavo di premere quanto potevo sulla fisicità che si nota nella graphic novel, nel modo in cui lui sta in piedi, nel modo in cui posa, nel modo in cui era fisicamente imponente. Ho osservato a lungo questi aspetti. E tra l’altro quando la leggi, penso che la graphic novel sia incredibile nel ricreare un, quel tipo di società e quanto brutale essa fosse.
E anche il re che lui era – così potente, riflessivo e forse nel nostro film molto più umano di quanto sia nella graphic novel, ma anche molto arguto e molto risoluto. C’è molto di questo nel romanzo. Credo che sia così evocativo e che chiarisca così tanto, anche guardando semplicemente i disegni del libro. Ne hai già un’idea. E’ come se te ne offrisse la percezione e l’atmosfera. Quando continui a rammentare a te stesso che ciò ti ha permesso di entrare e lasciare che tutto [accadesse]. Senti che anche in minima parte, anche solo leggendolo, guardandolo, ti fa sentire a tuo agio.”